Esiste il vuoto?
Parliamo oggi di un argomento molto vasto e ricco: il nulla. Esatto: il vuoto. Ovunque guardiamo, vediamo qualcosa. Anche un bicchiere vuoto, in realtà, non è vuoto: è pieno d'aria. Perfino le pompe a vuoto più avanzate non riescono ad aspirare tutte le particelle. Possiamo creare il vuoto? Esiste in natura il vuoto?
Certo, l'esempio del bicchiere «vuoto» potrebbe non essere stato il più adatto: l'aria, infatti, è secondo molti una buona approssimazione del vuoto assoluto. E invece non lo è: un singolo centimetro cubo di aria contiene quasi 30 trilioni di molecole – un 3 seguito da 19 zeri. L'aria non è per nulla vuota.
Proviamo con un oggetto che tutti abbiamo: un aspirapolvere. Un aspirapolvere dovrebbe creare un ambiente più o meno simile al vuoto assoluto, giusto? Purtroppo... no. Un aspirapolvere ha un effetto quasi nullo sulla densità dell'ambiente circostante: il vuoto che si viene a creare in un apparecchio usato al livello del mare corrisponde infatti alla pressione atmosferica di Denver, in Colorado, che si trova a soli 1500 metri di altitudine.
Ad oggi, le più avanzate pompe a vuoto sono riuscite a creare quello che è noto come Ultra-High Vacuum, ossia il nostro miglior tentativo di ricreare il vuoto. In queste condizioni, un singolo centimetro cubo contiene solamente 100 molecole. Da 30 trilioni a 100: un cambiamento incredibile. E, in effetti, è una grande pietra miliare tecnologica e scientifica. Eppure, la curiosità che caratterizza la nostra specie e che ci spinge ad andare sempre più in là, verso frontiere e orizzonti nuovi e inesplorati, ci fa chiedere se possiamo fare meglio.
La risposta, ovviamente, è sì, ma non più di tanto. Ci sono vari limiti che ci frenano: uno dei principali è il fenomeno del degassamento. Avvicinandoci sempre di più al vuoto assoluto, infatti, lo stesso materiale che riveste la camera o che forma lo strumento inizia a liberare le molecole di gas che teneva intrappolate. Questo fenomeno è visibile anche in condizioni di normale pressione atmosferica. Lo si nota di più in ambienti ristretti. Uno degli esempi più immediati è probabilmente quello delle macchine nuove e del loro caratteristico odore, causato proprio dalla dispersione del gas che era intrappolato nei materiali usati per la costruzione e l'assemblaggio del veicolo.
Per avvicinarci ancor di più al vuoto, dobbiamo lasciare i nostri laboratori e fare un viaggio nello spazio. Nello spazio interplanetario, troviamo in genere 10 particelle per centimetro cubo. Lasciando il sistema solare ed entrando nello spazio interstellare, il numero cala fino a 1 sola particella per centimetro cubo. Nello spazio intergalattico, è ancora meglio: ci sono regioni con 1 o 2 particelle per metro cubo. Eppure, quel paio di particelle sono comunque qualcosa.
La domanda è ora diventata: esiste il vuoto? Secondo la meccanica quantistica, la risposta è chiaramente no: non esiste il vuoto. Innanzitutto, i campi gravitazionali ed elettromagnetici si estendono per sempre, poiché sono generati da particelle prive di massa. Ma le cose si fanno più complesse quando iniziamo a parlare di particelle virtuali.
Le particelle virtuali, da non confondere con le antiparticelle, sono particelle che nascono e scompaiono in un attimo. Ci sono varie ragioni che portano a pensare che queste particelle esistano. Una di queste è la continua e costante accelerazione dell'espansione dell'Universo. Cosa sta continuando a spingere con sempre più forza i confini dell'Universo, anche 13,7 miliardi di anni dopo il Big Bang? Una possibile risposta sono proprio le particelle virtuali.
Un'applicazione ancor più bizzarra delle particelle virtuali è il cosiddetto effetto Casimir. Tenendo due lastre metalliche a pochi nanometri di distanza tra loro e nel vuoto, si osservano le lastre avvicinarsi e unirsi. La spiegazione potrebbe essere che le particelle virtuali vengono costantemente riflesse dalle lastre, ma quelle con lunghezza d'onda maggiore della distanza che separa le due lastre, essendo troppo grandi, agiscono solamente dall'esterno verso l'interno, spingendo le due lastre l'una contro l'altra.
Qual è, quindi, la risposta? La risposta è che il vuoto non esiste, e che quindi non lo possiamo nemmeno creare artificialmente. La parola nulla dovrebbe quindi essere cancellata dal dizionario scientifico.
Link utili
Vsauce (Youtube)
Proviamo con un oggetto che tutti abbiamo: un aspirapolvere. Un aspirapolvere dovrebbe creare un ambiente più o meno simile al vuoto assoluto, giusto? Purtroppo... no. Un aspirapolvere ha un effetto quasi nullo sulla densità dell'ambiente circostante: il vuoto che si viene a creare in un apparecchio usato al livello del mare corrisponde infatti alla pressione atmosferica di Denver, in Colorado, che si trova a soli 1500 metri di altitudine.
Ad oggi, le più avanzate pompe a vuoto sono riuscite a creare quello che è noto come Ultra-High Vacuum, ossia il nostro miglior tentativo di ricreare il vuoto. In queste condizioni, un singolo centimetro cubo contiene solamente 100 molecole. Da 30 trilioni a 100: un cambiamento incredibile. E, in effetti, è una grande pietra miliare tecnologica e scientifica. Eppure, la curiosità che caratterizza la nostra specie e che ci spinge ad andare sempre più in là, verso frontiere e orizzonti nuovi e inesplorati, ci fa chiedere se possiamo fare meglio.
La risposta, ovviamente, è sì, ma non più di tanto. Ci sono vari limiti che ci frenano: uno dei principali è il fenomeno del degassamento. Avvicinandoci sempre di più al vuoto assoluto, infatti, lo stesso materiale che riveste la camera o che forma lo strumento inizia a liberare le molecole di gas che teneva intrappolate. Questo fenomeno è visibile anche in condizioni di normale pressione atmosferica. Lo si nota di più in ambienti ristretti. Uno degli esempi più immediati è probabilmente quello delle macchine nuove e del loro caratteristico odore, causato proprio dalla dispersione del gas che era intrappolato nei materiali usati per la costruzione e l'assemblaggio del veicolo.
Per avvicinarci ancor di più al vuoto, dobbiamo lasciare i nostri laboratori e fare un viaggio nello spazio. Nello spazio interplanetario, troviamo in genere 10 particelle per centimetro cubo. Lasciando il sistema solare ed entrando nello spazio interstellare, il numero cala fino a 1 sola particella per centimetro cubo. Nello spazio intergalattico, è ancora meglio: ci sono regioni con 1 o 2 particelle per metro cubo. Eppure, quel paio di particelle sono comunque qualcosa.
La domanda è ora diventata: esiste il vuoto? Secondo la meccanica quantistica, la risposta è chiaramente no: non esiste il vuoto. Innanzitutto, i campi gravitazionali ed elettromagnetici si estendono per sempre, poiché sono generati da particelle prive di massa. Ma le cose si fanno più complesse quando iniziamo a parlare di particelle virtuali.
Le particelle virtuali, da non confondere con le antiparticelle, sono particelle che nascono e scompaiono in un attimo. Ci sono varie ragioni che portano a pensare che queste particelle esistano. Una di queste è la continua e costante accelerazione dell'espansione dell'Universo. Cosa sta continuando a spingere con sempre più forza i confini dell'Universo, anche 13,7 miliardi di anni dopo il Big Bang? Una possibile risposta sono proprio le particelle virtuali.
Un'applicazione ancor più bizzarra delle particelle virtuali è il cosiddetto effetto Casimir. Tenendo due lastre metalliche a pochi nanometri di distanza tra loro e nel vuoto, si osservano le lastre avvicinarsi e unirsi. La spiegazione potrebbe essere che le particelle virtuali vengono costantemente riflesse dalle lastre, ma quelle con lunghezza d'onda maggiore della distanza che separa le due lastre, essendo troppo grandi, agiscono solamente dall'esterno verso l'interno, spingendo le due lastre l'una contro l'altra.
Qual è, quindi, la risposta? La risposta è che il vuoto non esiste, e che quindi non lo possiamo nemmeno creare artificialmente. La parola nulla dovrebbe quindi essere cancellata dal dizionario scientifico.
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Reviewed by Pietro Capuozzo
on
2.10.13
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