Le stelle supermassicce si restringono con la vecchiaia
Rappresentazione artistica di una giovane stella supermassiccia (© immagine ESO) |
Parlando di astronomia, sentiamo molto spesso nominare stelle supermassicce, miliardi di volte più luminose del Sole e migliaia di volte più massicce. Queste stelle sono tra le più enigmatiche: sono «all'estremo», con condizioni quasi inverosimili, eppure esistono. E oggi, grazie ad uno studio guidato da alcuni ricercatori dell'Università di Amsterdam, si è aggiunta un'altra stranezza al misterioso profilo di questi astri ultra-giganti: pare proprio che queste stelle siano più grandi durante la loro gioventù rispetto a quando sono completamente sviluppate.
Questa scoperta conferma una teoria già esistente: le stelle supermassicce si contraggono fino a raggiungere un periodo di stabilità. Fino a pochi giorni fa, però, non si credeva che fosse possibile né confermare né disapprovare questa teoria, perché quasi tutte le protostelle (le stelle appena nate) sono avvolte da immensi strati di polvere e gas interstellari che caratterizzano le culle di astri. Ma ora gli astronomi sono stati in grado di raccogliere importanti informazioni su una di queste giovani stelle (B275 della Nebulosa Omega, M17), grazie al potente spettrografo «XSHOOTER» del VLT, il Very Large Telescope dell'ESO – l'European Southern Observatory – ubicato sulle Ande Cilene, nel deserto di Atacama.
Questa scoperta conferma una teoria già esistente: le stelle supermassicce si contraggono fino a raggiungere un periodo di stabilità. Fino a pochi giorni fa, però, non si credeva che fosse possibile né confermare né disapprovare questa teoria, perché quasi tutte le protostelle (le stelle appena nate) sono avvolte da immensi strati di polvere e gas interstellari che caratterizzano le culle di astri. Ma ora gli astronomi sono stati in grado di raccogliere importanti informazioni su una di queste giovani stelle (B275 della Nebulosa Omega, M17), grazie al potente spettrografo «XSHOOTER» del VLT, il Very Large Telescope dell'ESO – l'European Southern Observatory – ubicato sulle Ande Cilene, nel deserto di Atacama.
Questo prezioso strumento, costruito da un team di tecnici internazionale, ha una vasta copertura di lunghezze d'onda: è infatti in grado di rilevare le lunghezze d'onda dai 300 nanometri (raggi ultravioletti) fino ai 2500 nanometri, corrispondenti ai raggi infrarossi. E' inoltre il più potente strumento nella sua categoria.
L'XSHOOTER ci ha fornito, per la prima volta nella storia, lo spettro di una stella che deve ancora raggiungere la sequenza principale, una stella dunque ancora in formazione sette volte più massiccia del Sole. B275, la stella in questione, è risultata essere tre volte più grande di una stella media della sequenza principale.
Le stelle in formazione sono circondate da un disco detto circumstellare o protoplanetario proprio perché in esso la materia si agglomererà e affioreranno i primi pianeti. Questo periodo è molto «violento», e più volte siamo riusciti a rilevare dei getti fortissimi che queste stelle scagliano nello spazio tramite un meccanismo ancora per lo più sconosciuto e di cui siamo a conoscenza solamente da Maggio di quest'anno, grazie ad uno studio pubblicato sempre dallo stesso team dell'Università di Amsterdam. Dopo che la stella si è formata, la «nebbia» che la avvolge – in realtà polvere e gas interstellari – si dirada e, per la prima volta, riusciamo a vederne l'intero disco e, di conseguenza, la luce diretta, dalla quale possiamo dedurre lo spettro della stella (lo spettro elettromagnetico/stellare è quella serie di linee con tutti e 7 i colori nella quale compaiono alcuni barre nere: queste ci indicano quali elementi la luce della stella ha attraversato prima di giungere ai nostri occhi). Attualmente, la temperatura del nucleo di B275 è tale che possiamo dedurre che la fusione dell'idrogeno è già incominciata. Un mistero a sé è quello della sua bassa temperatura superficiale rispetto alle altre stelle simili a B275 – ossia alcune fra le stelle più luminose mai osservate. Questo dilemma può essere parzialmente spiegato dal suo enorme raggio – ma il dubbio resta.
L'autore principale della ricerca è Bram Ochsendorf, che ne ha fatto il tema del suo master universitario all'Università di Amsterdam. «L'ampia copertura di lunghezze d'onda di XSHOOTER ci fornisce l'opportunità di determinare molte proprietà stellari in una sola volta, come la temperatura superficiale, la dimensioni, e la presenza di un disco» ha commentato Ochsendorf, che ha appena iniziato il suo Doctor of Philosphy (PhD), equivalente al nostro dottorato di ricerca italiano, ossia il più alto riconoscimento universitario.
Ochsendorf è stato anche aiutato da Rolf Chini e Vera Hoffmeister della Rurh–Universitaet a Bochum, in Germania, e dal professore supervisore Lex Kaper. «Questa è una fantastica conferma di nuovi modelli teorici che descrivono il processo di formazione delle stelle massicce, ottenuta grazie all'estrema accuratezza di XSHOOTER» ha commentato Kaper.
Link utili: Articolo in lingua inglese su Universe Today (clicca qui), articolo in lingua olandese sulla scoperta del Maggio 2011 (clicca qui), articolo in lingua inglese sul Dutch Daily News (clicca qui)
Le stelle supermassicce si restringono con la vecchiaia
Reviewed by Pietro Capuozzo
on
11.12.11
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