La prima (e ultima) scoperta di Hitomi


Nuove misurazioni eseguite dal telescopio spaziale giapponese Hitomi, conosciuto anche come ASTRO-H, hanno permesso a un gruppo di astronomi di ricostruire le complesse dinamiche nel cuore dell'ammasso di galassie di Perseo. Le osservazioni sono state eseguite poco prima che il satellite, in orbita da appena un mese, esplodesse in seguito a una catena di errori umani e non.
Prima della sua drammatica fine, il telescopio è riuscito a osservare l'ammasso di Perseo, un gruppo di galassie gravitazionalmente legate l'una all'altra e distanti in media 240 milioni di anni luce dalla Terra. L'ammasso è popolato da grandi quantità di gas bollente. La temperatura estrema di questo gas, pari a circa 50 milioni di gradi centigradi, provoca intense emissioni alle lunghezze d'onda dei raggi-X, il territorio spettrale in cui Hitomi avrebbe dovuto operare. La risoluzione del telescopio ha permesso agli scienziati di tracciare l'interazione tra il gas bollente e le bolle gassose espulse dal buco nero supermassiccio ospite della galassia al centro dell'ammasso, NGC 1275.

L'incredibile risoluzione energetica di Hitomi (linea azzurra) rispetto a quella di Suzaku (linea rossa tratteggiata). Credit: NASA's Goddard Space Flight Center
Le osservazioni di Hitomi sono state eseguite a una risoluzione senza precedenti, che solo il telescopio spaziale giapponese era in grado di raggiungere in questa porzione dello spettro elettromagnetico. La scoperta, per quanto interessante, non che può che farci pensare al potenziale scientifico perso con la prematura fine della missione.
"Per la prima volta, siamo riusciti a tracciare il movimento di gas ai raggi-X in un ammasso di galassie e a determinare la sua velocità su un'ampia varietà di scale spaziali," spiega Richard Kelley della NASA. "Nonostante questo gas sia continuamente agitato dalle rapide emissioni del buco nero centrale, le sue velocità sono basse sulle scale astronomiche e sono indicative di livelli di turbolenza minimi."
La scoperta è opera dello spettrometro SXS, costruito e operato in collaborazione con gli scienziati della NASA. Lo strumento ha trascorso oltre due giorni e mezzo a osservare l'ammasso, raggiungendo una risoluzione 30 volte migliore di quella disponibile in precedenza. Le osservazioni hanno rivelato un vasto panorama di emissioni spettrali provenienti da ferro, nichel, cromo e manganese, ovvero i metalli forgiati nelle stelle più massicce presenti nell'ammasso e sparsi per il cosmo dalle supernove.
Lo strumento si è concentrato su una regione celeste di forma più o meno quadrata, con ciascun lato lungo circa 195 mila anni luce. La varietà di velocità del gas in direzione della Terra o in direzione opposta è risultata essere circa 580 mila chilometri orari, una velocità piuttosto modesta in termini astronomici. Questa dispersione di velocità indica che la turbolenza a cui è sottoposto il gas è responsabile solo del 4% della pressione del gas. In precedenza, si pensava che la turbolenza fosse un fattore di primo piano nelle stime sulla massa di un ammasso galattico.
Alcune regioni del gas all'interno dell'ammasso stanno sfrecciando verso il nostro pianeta a 216 mila chilometri orari; altre si stanno allontanando a 360 mila chilometri orari.
"Mi sorprende come il gas stia assorbendo così in fretta le emissioni del buco nero, e così efficientemente. Il gas è relativamente stabile e non è strattonato di qua e di là come pensavamo," spiega Brian McNamara dell'Università di Waterloo. "Le osservazioni di Hitomi mostrano che possiamo pesare remoti ammassi galattici a una precisione maggiore che pesare la nostra stessa Via Lattea."
Solitamente, le velocità di oggetti distanti vengono determinate misurando lo spostamento verso il rosso o verso il blu di una serie di righe di emissione (o assorbimento) particolarmente evidenti nello spettro dell'oggetto. Il moto dei gas può aumentare l'ampiezza di queste linee, in un certo senso riducendo la risoluzione delle misurazioni.
Lo strumento SXS si basava su un metodo innovativo noto come microcalorimetria, una tecnica che consiste nel misurare il calore prodotto dall'interazione tra i fotoni e il rilevatore. La quantità di calore prodotta dipende dall'energia del fotone a raggi-X incidente.
Al momento delle osservazioni, lo strumento era ancora in fase di attivazione, ovvero era parzialmente chiuso da una copertura per proteggerlo dal degassamento degli altri strumenti. La coperta ha bloccato i raggi-X meno energetici, lasciandosi attraversare solo da quelli più intensi.
"L'SXS, una meraviglia della tecnologia, ha operato alla perfezione, superando i suoi requisiti operativi nonostante fosse parzialmente ostruito," spiega Robert Petre della NASA.
La tecnica della microcalorimetria risale agli anni '80; tuttavia, quella di SXS è stata la prima vera e propria applicazione di questo metodo nello spazio.
"È stata la prima volta in cui abbiamo guardato un ammasso galattico con uno strumento in grado di risolvere le componenti di varie linee di emissione atomiche, e abbiamo subito visto contraddizioni con quanto previsto nei nostri modelli attuali," spiega Maxim Markevitch della NASA. "Siamo finalmente riusciti ad usare questo tanto atteso strumento per diagnosticare le condizioni dei plasma cosmici, e ci saranno numerose scoperte basate su questi dati."
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