Sempre meno speranze per ASTRO-H
I tentativi di recupero del telescopio spaziale ASTRO-H, esploso in orbita una settimana fa, si stanno complicando di giorno in giorno. Gli sforzi dell'agenzia spaziale giapponese, la JAXA, per riprendere controllo del satellite - o di ciò che ne è rimasto - stanno proseguendo, ma nuove analisi orbitali hanno minato le poche speranze rimaste. Al momento dell'esplosione, il telescopio si trovava in orbita da poco più di un mese e non aveva ancora inaugurato la sua missione scientifica.
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Secondo la ricostruzione della JAXA, il telescopio sarebbe stato vittima di un'anomalia nel sistema di controllo dell'assetto alle 20:10 ora italiana del 25 Marzo, quando si trovava 570 chilometri al di sopra dell'Atlantico meridionale. Poi, durante la finestra di comunicazione iniziata alle 8:40 della mattina seguente, ASTRO-H non si è fatto sentire. Quaranta minuti più tardi, alle 9:20, il centro militare americano JSpOC ha rilevato cinque frammenti in prossimità del telescopio. L'analisi orbitale indica che il distacco dei frammenti è avvenuto intorno alle 2:42 del 26 Marzo, con un'incertezza di più o meno undici minuti.
Nuovi dati orbitali indicano che i frammenti in realtà sono almeno una decina, con perigei tra 532 e 571 chilometri e apogei tra 557 e 584 chilometri di quota. Calcoli piuttosto approssimativi suggeriscono che a generare una varietà simile di parametri orbitali potrebbe essere stato un evento di natura esplosiva o propulsiva che è risultato in un cambiamento di velocità di circa 4 metri al secondo, o 14.4 chilometri orari.
Il treno di detriti di ASTRO-H, ribattezzato Hitomi poco dopo il lancio. Image: Spaceflight101/JSatTrak |
Nel corso della settimana, sono stati numerosi gli occhi robotici puntati in direzione del telescopio e della nube di detriti che lo circonda. Inizialmente, il JSpOC aveva catalogato il frammento principale, ritenuto essere il telescopio, come Oggetto A. Le osservazioni dalla superficie terrestre mostravano che l'oggetto pulsava molto rapidamente, indicando una velocità di rotazione pari a circa sei giri al minuto (RPM).
Successivamente, il JSpOC ha diffuso una nota in cui comunicava che l'oggetto principale, ovvero quanto rimane del telescopio, era in realtà quello che era stato inizialmente catalogato come Oggetto J, e che quindi quello che in precedenza era conosciuto come Oggetto A sarebbe stato rinominato Oggetto J e viceversa. Nonostante la nota del JSpOC non dica nulla al riguardo, questa correzione alimenta i sospetti che i due oggetti abbiano dimensioni simili - tanto da aver per qualche giorno confuso i radar del JSpOC - e che quindi almeno alcuni dei detriti staccatisi dal telescopio siano troppo grandi per poter essere semplici frammenti di materiale isolante come si sperava in un primo momento.
Ulteriori osservazioni confermano che i due oggetti presentano simili magnitudini apparenti, e che quindi abbiano dimensioni quasi identiche. I dati raccolti il 1° Aprile mostrano che il nuovo Oggetto J ha una rotazione di circa 6 RPM, invariata cioè rispetto alle misurazioni effettuate qualche giorno prima, mentre il nuovo Oggetto A - quanto rimane dello scheletro del telescopio - ruota molto più velocemente, a circa 20-45 RPM.
Sorprendentemente, la JAXA è riuscita a ottenere dei brevi segnali dal telescopio: il primo, durato tre minuti, alle 15:49 del 26 Marzo; il secondo, durato quattro minuti, esattamente un'orbita più tardi, alle 17:23 dello stesso giorno. Nessun dato di telemetria o dato diagnostico che potesse rivelare informazioni utili sullo stato di salute dei sistemi di bordo è stato scaricato durante i contatti. Dopo due giorni di silenzio, ASTRO-H si è fatto sentire altre due volte: per dieci secondi alle 15:06 del 28 Marzo con l'antenna di Uchinoura, e per sei secondi alle 17:33 dello stesso giorno con l'antenna di Santiago, in Cile. Nonostante ciò, i controllori non sono mai riusciti a mantenere un contatto radio stabile con il telescopio, e non si hanno notizie di ulteriori segnali ricevuti dopo il 28 Marzo.
Image copyright: Akihiro Ikeshita/JAXA
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Reviewed by Pietro Capuozzo
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