Sempre più vicini a scoprire la vera natura della materia oscura
© immagine NASA |
Quando guardiamo il cielo stellato riusciamo a scorgere migliaia di puntini luminosi. E' uno spettacolo indescrivibile, e in quei momenti crediamo di vedere tutto l'Universo, se non una buona parte di esso. Naturalmente, ciò non è vero perché stiamo guardando solamente a una regione ristretta della nostra galassia, che è inoltre una fra miliardi. Ma non c'è solo questa motivazione: gli astronomi hanno infatti scoperto che l'80 percento della materia che compone l'Universo è 'invisibile' – la cosiddetta 'materia oscura'. Ma cos'è veramente, questa enigmatica materia oscura'? Gli astronomi e i fisici che esplorano il mondo subatomico se lo stanno chiedendo da anni, ma ora hanno nuovi indizi per trovare il 'colpevole'.
Uno dei principali sospetti si chiama WIMPS – Weakly Interacting Massive Particles. Si tratta di particelle che non emettono radiazioni nello spettro visibile e che sono piuttosto solitarie, nel senso che non interagiscono con altre particelle di tipo diverso. Ma, al contrario, amano stare con le loro simili, e quando si uniscono provocano un'annichilazione che dovrebbe causare a sua volta l'emissione di radiazioni sotto forma di raggi gamma.
Uno dei principali sospetti si chiama WIMPS – Weakly Interacting Massive Particles. Si tratta di particelle che non emettono radiazioni nello spettro visibile e che sono piuttosto solitarie, nel senso che non interagiscono con altre particelle di tipo diverso. Ma, al contrario, amano stare con le loro simili, e quando si uniscono provocano un'annichilazione che dovrebbe causare a sua volta l'emissione di radiazioni sotto forma di raggi gamma.
«Uno dei migliori posti dove cercare questi deboli segnali di raggi gamma sono le galassie nane sferoidali, piccoli satelliti della nostra stessa Via Lattea che sappiamo possedere grandi quantità di materia oscura» ha commentato Jennifer Siegal–Gaskins del California Institute of Technology. «Da un punto di vista astrofisico, si tratta di sistemi molto noiosi, con una formazione stellare molto bassa e nessun oggetto che emetta raggi gamma, ossia pulsar e resti di supernove». Dunque, se gli astronomi riuscissero ad osservare radiazioni gamma provenienti da queste galassie, sarebbero certi di aver scoperto emissioni provenienti dalla materia oscura in persona. Inoltre, queste galassie si trovano spesso lontano dal piano della Via Lattea, eliminando dunque la possibilità di 'interferenze' con eventuali sorgenti di raggi gamma poste nella nostra galassia.
Il telescopio spaziale americano Fermi è stato studiato proprio per raccogliere queste radiazioni di raggi gamma. Per verificare la 'colpevolezza' delle particelle WIMPS, i tecnici di missione hanno puntato l'occhio di Fermi in direzione di 10 galassie nane che orbitano attorno alla nostra. Il LAT – Large Area Telescope – a bordo di Fermi le ha 'tenute d'occhio' per quasi due anni, ma non è stato in grado di rilevare nessuna radiazione proveniente dalle galassie, eliminando queste particelle dalla lista dei sospettati.
«In effetti, le analisi del LAT di Fermi restringono i luoghi teorici dove queste particelle possono nascondersi» ha continuato Siegal–Gaskins riferendosi alle particelle che compongono la materia oscura, e non alle WIMPS.
Gli scienziati che hanno analizzato i due anni di dati non hanno unito tutte le informazioni assieme, ma hanno analizzato galassia per galassia, tecnica inusuale rispetto alle altre ricerche effettuate in questo campo.
«Il fatto che abbiamo analizzato 10 galassie nane non solamente alza le statistiche, ma rende inoltre la nostra analisi molto meno 'influenzabile' da radiazioni di raggi gamma di sottofondo» ha commentato Maja Llena Garde della Stockholm University.
Gli astronomi sono sicuri che attorno a queste galassie vi sia un alone di materia oscura perché sono stati in grado di osservarne l'influenza gravitazionale sulle stelle.
«Un elemento importante del nostro studio è che siamo stati in grado di eliminare le indecisioni statistiche grazie uno studio aggiornato sui moti stellari della galassie nane applicato alle analisi scientifiche del LAT» ha commentato Johann Cohen–Tanugi, fisico presso il Laboratory of Universe and Particles all'Università di Montpellier 2, in Francia.
«Questo 'trattamento' costituisce un considerevole passo in avanti, e speriamo che gli studi futuri seguiranno il nostro esempio» ha aggiunto Jan Conrad, professore di fisica alla Stockholm University.
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