I buchi neri favoriscono la nascita di nuove stelle
Immagine del filamento interno di Centaurus A realizzato dalla WFC3 il 2 Luglio 2010. Le regioni in verde sono composte da gas ionizzato, e il buco nero supermassiccio è localizzato alla destra dell'immagine, ma ovviamente è invisibile. Accanto al buco nero vi sono le stelle più giovani, visibili in quest'immagine come piccoli puntini azzurri/blu (© immagine Mark Crockett). |
Poco più di un anno fa vi avevamo parlato di uno studio apparso sulla rivista Royal Astronomical Society che affermava che i buchi neri rallentano – o, addirittura, bloccano – la formazione stellare. Oggi, un altro studio portato a termine da Stanislav Shabala dell'Università della Tasmania, Mark Crockett dell'Università di Oxford e Sugata Kaviraj dell'Imperial College londinese sembra dimostrare l'esatto contrario: i buchi neri alimentano la nascita di nuovi astri.
Lo studio si è concentrato sulla galassia NGC 5128 – o Centaurus A –, un agglomerato di stelle che dista da noi 'solamente' 15 milioni di anni luce, una distanza molto breve sulla scala cosmica.
Lo studio si è concentrato sulla galassia NGC 5128 – o Centaurus A –, un agglomerato di stelle che dista da noi 'solamente' 15 milioni di anni luce, una distanza molto breve sulla scala cosmica.
I buchi neri supermassicci che risiedono al centro di molte galassie possono sconvolgere le regioni circostanti, espellendo materiale galattico ad un ritmo incredibile in tutte le direzioni. Questo materiale si fa strada tra il gas interstellare, comprimendolo, riscaldandolo e spostandolo. Dato che questo gas è uno degli elementi base per la formazione stellare, è subito evidente come questi buchi neri possano influenzare la nascita di nuovi astri.
Centaurus A può essere osservata anche con un semplice binocolo nella costellazione australe del Centauro. Vista con mezzi più potenti, apparirà 'tagliata' in due da una scura fascia di polveri interstellari. Il buco nero supermassiccio che risiede al suo centro è una potente sorgente di raggi–X, e usando telescopi che operano in queste lunghezze d'onda, gli astronomi hanno scoperto getti di materiale espulso dal buco nero che si estendono per milioni di anni luce.
Per le loro osservazioni, il team ha usufruito della Wide Field Camera 3 – o WFC3 – a bordo del telescopio spaziale statunitense Hubble. Con la WFC3, l'équipe è stata in grado di ricostruire la cronologia della formazione stellare in un filamento interno molto vicino alle regioni in cui viene espulso il materiale dal buco nero centrale. Questo filamento è un'importante sorgente di radiazione ultravioletta, oltre che di raggi–X.
Il risultato? Le regioni del filamento più vicine al materiale espulso sono ricche di giovani stelle, mentre la popolazione di astri tende ad invecchiare mentre ci si allontana dal centro. «Questo è esattamente ciò che ci aspettavamo da un'espulsione di materiale che incrocia una nube di gas posta lungo il suo cammino. Le parti centrali più dense della nube sono compresse e collassano formando stelle, mentre il gas nelle regioni esterne è spazzato via dalla punta del filamento, come un mucchio di foglie autunnali nel vento» ha commentato il team in un articolo apparso sulla Royal Astronomical Society.
«Il nostro studio aggiunge un nuovo ed emozionante tassello ad un grande puzzle – quello di capire come le galassie diventano quelle che vediamo oggi» ha commentato Shabala.
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