Ai confini della tecnologia: una sonda interplanetaria alimentata da batteri
© immagine NASA/Naval Research Laboratory |
Negli ultimi anni, la tecnologia continua ad avanzare a ritmi incredibili. Nuovi dispositivi vengono creati in pochi mesi, e ogni volta sono sempre un gradino sopra gli altri: più piccoli, più veloci, più comodi, con meno problemi e con più funzioni. Anche il settore aerospaziale sta facendo passi da gigante, probabilmente proprio per questa incredibile rivoluzione tecnologica. Ogni nuova sonda è migliore della precedente, possiede strumenti scientifici più innovativi e, una volta arrivata a destinazione, è già stato sviluppato un progetto tecnologicamente più avanzato. Ma certe proposte sembrano fantascientifiche, eppure non lo sono, come quella di sviluppare una piccola sonda che trae energia da alcuni batteri.
Le sonde che stanno esplorando il nostro sistema solare sono alimentate in due modi: tramite energia solare – come molte sonde in orbita attorno alla Terra e i rover gemelli Opportunity e Spirit su Marte – o tramite energia nucleare – come le sonde New Horizons, Cassini e Galileo, i lander Viking e il nuovissimo rover Curiosity. Quest'ultimo metodo è basato su un radioisotopo che sfrutta il calore prodotto dal plutonio.
Le sonde che stanno esplorando il nostro sistema solare sono alimentate in due modi: tramite energia solare – come molte sonde in orbita attorno alla Terra e i rover gemelli Opportunity e Spirit su Marte – o tramite energia nucleare – come le sonde New Horizons, Cassini e Galileo, i lander Viking e il nuovissimo rover Curiosity. Quest'ultimo metodo è basato su un radioisotopo che sfrutta il calore prodotto dal plutonio.
La Nasa sta ora studiando un'alternativa a queste due fonti di energia: usare dei batteri. Questi batteri – della specie Geobacter Sulfurreducens – fornirebbero abbastanza energia per far funzionare una piccola sonda, e potrebbero alimentarla finché hanno cibo a disposizione.
Immagine al microscopio elettronico dei batteri Geobacter Sulfurreducens (© immagine Naval Research Laboratory) |
Il Naval Research Laboratory sta mettendo a punto un robot che funzionerà proprio grazie a questo innovativo sistema. Il robot sarà sviluppato entro il prossimo decennio e peserà circa un chilogrammo.
Ci sono però molti punti a sfavore di questo metodo. Innanzitutto, la possibile contaminazione di questi batteri su altri pianeti. Ne abbiamo parlato proprio ieri, riferendoci al rover Curiosity. Curiosity, come ogni rover, è stato sterilizzato per eliminare ogni possibile batterio che, se sbarcasse sulla superficie marziana, potrebbe benissimo essere scambiato per un extraterrestre. Al contrario, il razzo vettore non è stato sterilizzato, e perciò, fino all'11 gennaio, il rover non punterà dritto verso il Pianeta Rosso, in modo che, quando si staccherà dallo stadio superiore, quest'ultimo non si schianterà sulla superficie marziana riversandoci tutti i suoi batteri.
«Ci sono preoccupazioni sulla protezione planetaria, e altre preoccupazioni sulla protezione dei microbi stessi dalla radiazione» ha commentato Gregory Scott del Naval Research Laboratory. «Mentre ci muoviamo in avanti nell'utilizzo di questi batteri come metodi per generare energia, questa ricerca inizia a porre le basi per nuovi sistemi di energia potenzialmente durevoli per applicazioni spaziali e robotiche.
Una sola cosa è certa: di questi batteri ne sentiremo parlare ancora.
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