Mistero sulla «stella che non avrebbe mai dovuto nascere»
Secondo gli scienziati, non avrebbe mai dovuto esistere. Eppure SDS J102915+172927, ormai meglio conosciuta come la «stella impossibile», non solo è riuscita ad emergere dalla sua nube di polvere e gas interstellari che l'ha creata, ma – a quanto pare – lo ha fatto poco più di 13 miliardi di anni fa, rendendola quindi la stella più vecchia mai osservata. Questo astro ubicato a 4000 anni luce da noi nella costellazione del Leone e scoperto da un team di astronomi italiani è poco più piccolo del nostro Sole, e probabilmente appartiene alla prima generazione di stelle, nate in un giovanissimo Universo di dimensioni molto minori rispetto ad oggi.
Usando il VLT (Very Large Telescope) dell'ESO sulle Ande Cilene, un gruppo di astronomi italiani hanno potuto facilmente osservare le sue atipiche proprietà. L'équipe, composta da Elisabetta Caffau dell'Università di Heidelberg e dell'osservatorio di Parigi, Sofia Randich, Simone Zaggia e Paolo Molare dei centri Inaf rispettivamente di Arcetri, Padova e Trieste, ha pubblicato i risultati ottenuti sulla rivista di divulgazione scientifica Nature.
La stella risulta essere composta precipuamente da idrogeno ed elio, con una percentuale di altri metalli 20 mila volte inferiore a quella del Sole. E, secondo le teorie sulle quali poggia l'astronomia moderna, una stella con una simile composizione non si sarebbe mai potuta formare.
Inoltre, una stella di tali dimensioni in un tale periodo dell'Universo non sarebbe mai potuta nascere, dato che le stelle delle prime generazioni risultavano essere milioni di volte la massa del Sole, mentre quelle di dimensioni minore collassavano immediatamente.
«Stelle di questo tipo, con piccola massa e quantità estremamente basse di metalli non dovrebbero esistere perché le nubi di materiali da cui sono formate non avrebbero potuto condensarsi» ci spiega Elisabetta Caffau.
Come si è formata, allora, SDS J102915+172927? Questo è un mistero che sembra senza via d'uscita, ma gli astronomi non demordono e, anzi, hanno già iniziato a formulare nuove e interessanti teorie per spiegare le incredibili ed atipiche proprietà di questa ambigua stella. E magari, come dice Elisabetta Caffau, «bisognerà rivedere ciò che immaginiamo sulla formazione stellare».
Usando il VLT (Very Large Telescope) dell'ESO sulle Ande Cilene, un gruppo di astronomi italiani hanno potuto facilmente osservare le sue atipiche proprietà. L'équipe, composta da Elisabetta Caffau dell'Università di Heidelberg e dell'osservatorio di Parigi, Sofia Randich, Simone Zaggia e Paolo Molare dei centri Inaf rispettivamente di Arcetri, Padova e Trieste, ha pubblicato i risultati ottenuti sulla rivista di divulgazione scientifica Nature.
La stella risulta essere composta precipuamente da idrogeno ed elio, con una percentuale di altri metalli 20 mila volte inferiore a quella del Sole. E, secondo le teorie sulle quali poggia l'astronomia moderna, una stella con una simile composizione non si sarebbe mai potuta formare.
Inoltre, una stella di tali dimensioni in un tale periodo dell'Universo non sarebbe mai potuta nascere, dato che le stelle delle prime generazioni risultavano essere milioni di volte la massa del Sole, mentre quelle di dimensioni minore collassavano immediatamente.
«Stelle di questo tipo, con piccola massa e quantità estremamente basse di metalli non dovrebbero esistere perché le nubi di materiali da cui sono formate non avrebbero potuto condensarsi» ci spiega Elisabetta Caffau.
Come si è formata, allora, SDS J102915+172927? Questo è un mistero che sembra senza via d'uscita, ma gli astronomi non demordono e, anzi, hanno già iniziato a formulare nuove e interessanti teorie per spiegare le incredibili ed atipiche proprietà di questa ambigua stella. E magari, come dice Elisabetta Caffau, «bisognerà rivedere ciò che immaginiamo sulla formazione stellare».
Mistero sulla «stella che non avrebbe mai dovuto nascere»
Reviewed by Pietro Capuozzo
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