Le ultime parole (scientifiche) di Rosetta


Alle 13:19:37 ora italiana del 30 Settembre 2016, il segnale della sonda europea Rosetta è scomparso dagli schermi del centro di controllo a Darmstadt, in Germania. Una quarantina di minuti prima, a 720 milioni di chilometri di distanza, la sonda aveva concluso la sua straordinaria missione con un drammatico impatto contro la superficie aliena della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Ora, gli scienziati hanno rilasciato le prime scoperte scientifiche effettuate da Rosetta durante la sua discesa verso la regione Ma'at, sul lobo minore della cometa.

In verde, la traiettoria effettiva di Rosetta rispetto al punto d'impatto previsto. Credit: ESA
Durante la sua discesa, Rosetta si è calata verso un'ellisse di atterraggio di 700 per 500 metri situata lungo il bordo di Deir el-Medina, un abisso largo 130 m e profondo 60 m. Il contatto con il suolo è avvenuto alle 12:39:34, ad appena 33 metri dal punto previsto. Come previsto, Rosetta ha terminato tutte le comunicazioni con la Terra al momento dell'atterraggio. Il punto di contatto è stato poi ribattezzato Sais.
La fotocamera OSIRIS a bordo di Rosetta ha documentato la discesa mozzafiato della sonda fino alla fine: l'ultima immagine ricevuta dagli scienziati è stata scattata ad appena 20 metri dal suolo. Numerose immagini ritraggono l'interno dell'abisso el-Medina; qui, gli scienziati sperano di osservare i resti dei cosiddetti "cometesimali", i corpi progenitori delle comete.
I dati raccolti dal sensore COPS nello strumento ROSINA rivelano che la pressione nella chioma della cometa è aumentata di oltre 100 volte nel giro di una decina di ore, durante le quali la sonda si è calata da 19 a 2 chilometri dal centro della cometa. I dati di COPS hanno trovato importanti conferme nelle osservazioni dello spettrometro DFMS.
I dati sulla pressione della chioma. Image courtesy K. Altwegg.
"Abbiamo osservato la velocità dei gas raggiungere zero subito prima della superficie, il che suggerisce che vi sia un'interessante accelerazione del gas ad allontanarsi dal nucleo," spiega Kathrin Altwegg, a capo di ROSINA. "Abbiamo raccolto ottimi dati anche con DFMS, e non vediamo l'ora di scoprire quali atomi e molecole vi fossero."
Anche lo strumento MIRO ha operato esattamente secondo le previsioni, con l'ultima misurazione effettuata appena 27 secondi prima della perdita del segnale. Durante gli ultimi due minuti di dati, Rosetta era così vicina al nucleo che la finestra operativa di MIRO copriva meno di 20 centimetri di superficie. Lo strumento è riuscito a mappare il profilo termico della cometa a 1-5 centimetri di profondità.
"Nel corso delle ultime ore, abbiamo osservato le temperature in superficie variare da -190 a -110 gradi centigradi," spiega Mark Hofstadter, responsabile dello strumento. "Crediamo che queste escursioni siano dovute alla topografia locale e alla diversa esposizione al Sole - ma dobbiamo ancora confrontare i dati con i modelli topografici e le immagini di OSIRIS per poter confermare i nostri sospetti. Abbiamo anche notato che le temperature all'interno del nostro telescopio hanno continuato ad aumentare durante le ultime ore della missione. Non sappiamo ancora se ciò sia dovuto al cambiamento dell'angolo di illuminazione, oppure al calore del nucleo."
Le ultime misurazioni spettroscopiche dell'acqua nella chioma della cometa sono state eseguite alle 15:26 del 27 Settembre. Le analisi preliminari dei dati indicano che la media globale della produzione di acqua era di circa un quadrilione di molecole per secondo, pari a due cucchiai di materiale. Durante il periodo di massima attività cometaria, ovvero attorno al perielio dell'Agosto 2015, la produzione di acqua era di due vasche da bagno al secondo.
Anche lo spettrometro ultravioletto Alice ha operato fino al momento di impatto. L'ultimo spettro completo è iniziato alle 12:20:16 ed è terminato alle 12:30:21, nove minuti prima dell'impatto, quando la sonda si trovava tra 1000 e 500 metri al di sopra della superficie. Lo spettrometro ha raggiunto una risoluzione spaziale di 4 metri. Al momento del contatto con il suolo, Alice aveva completato l'85% di una nuova esposizione da 10 minuti; per tutta la discesa, Alice ha trasmesso ogni 30 secondi il flusso emesso dal nucleo nella regione ultravioletta dello spettro elettromagnetico.
I dati indicano che le emissioni sono aumentate notevolmente; tuttavia, l'assenza di strutture d'assorbimento spettrale indica che la composizione superficiale è simile a quella osservata dall'alto delle orbite precedenti. Nessun deposito di ghiaccio esposto in superficie è stato osservato.
"Naturalmente, questi risultati sono ancora preliminari e potrebbero cambiare in seguito ad analisi più accurate," spiega Joel Parker, responsabile di Alice. "Lo spettrometro si è comportato precisamente come volevamo durante il finale di missione e ha fornito un eccellente campione di dati che merita un'analisi molto più dettagliata."
Una particolare struttura spettrale, soprannominata il "camaleonte", è aumentata di intensità nel corso della discesa di Rosetta.
"Questa struttura è comparsa più volte nell'arco della missione, anche se con estrema variabilità, e crediamo che sia il risultato dell'ingresso di polveri e ioni nello strumento," spiega Alan Stern. "La morfologia del camaleonte durante questo arco di tempo corrisponde alla morfologia osservata durante periodi di intensa attività polverosa, il che indica che vi possa essere stato un aumento nella densità delle polveri più sottili durante la discesa di Rosetta."

L'ultimo spettro realizzato da Alice. Il "camaleonte" è la struttura curva visibile a sinistra. Image courtesy A. Stern/J. Parker.
L'ultima osservazione della chioma di Rosetta tramite lo strumento Alice è stata eseguita il 29 Settembre. I dati sono indicativi della presenza di anidride carbonica.
Quelli di OSIRIS, ROSINA, MIRO e Alice non erano gli unici "occhi" robotici puntati verso la superficie durante la discesa di Rosetta. Anche i sensori dello strumento RPC hanno operato alla perfezione, riuscendo a caratterizzare il vento solare - il continuo flusso di particelle cariche emesse dal Sole - e l'ambiente plasmatico fino a poche decine di metri di quota.
"Questi dati sono davvero molto utili, poiché ci offrono un profilo che copre un ampio intervallo di altitudine mantenendo il vento solare molto costante," spiega Hans Nilsson, Principal Investigator di RPC-ICA. Visto che la discesa di Rosetta è durata poche ore, infatti, è improbabile che vi siano state variazioni significative nel flusso di vento solare. "Questi dati ci aiuteranno a calibrare quelli ottenuti nell'arco dell'intera missione."
I due sensori RPC-LAP e RPC-MIP hanno entrambi riscontrato densità di plasma molto basse, con un timido e costante aumento nell'arco della discesa. A due chilometri di quota, il plasma ha toccato un ampio picco pari a 100-150 per centimetro cubo; subito dopo, però, la densità è tornata ai livelli precedenti. Ciò era prevedibile, in quanto le molecole a quote così basse non hanno ancora avuto abbastanza tempo per poter essere ionizzate.

Una simulazione dell'atterraggio di Rosetta. Credit: ESA/ATG medialab
"Si può notare una qualche struttura nel plasma, ma è molto limitata: questa è una delle ionosfere più deboli che abbiamo osservato attorno alla cometa. In un certo senso, ce lo aspettavamo, in quanto l'emisfero settentrionale era immerso nell'inverno al momento delle misurazioni," aggiunge Anders Eriksson, Principal Investigator di RPC-LAP. "I nostri dati non mostrano un ovvio fenomeno di degassamento dagli abissi che costellano Ma'at."
Lo strumento RPC-IES ha confermato che gli ioni della chioma aumentano in energia a quote minori, mentre il flusso di elettroni diminuisce, in linea con la bassa densità rilevata. Infine, il sensore RPC-MAG non ha riscontrato alcun aumento nel campo magnetico fino a 11 metri dalla superficie; i dati confermano quelli raccolti durante l'atterraggio di Philae, nel Novembre 2014.
Dei tre strumenti deputati allo studio delle polveri - GIADA, MIDAS e COSIMA - solo GIADA ha potuto proseguire la propria campagna scientifica fino alla fine della missione. Per tutta la durata della discesa, lo strumento non ha rilevato neanche una particella.
"Durante la discesa finale, l'ambiente era come quello di una camera bianca!" sottolinea Alessandra Rotundi, a capo di GIADA.
I dati sono in accordo con quelli di MIRO: la produzione di acqua, infatti, non era sufficiente a sollevare un numero importante di particelle dal suolo. Qualunque particella avrebbe avuto un diametro inferiore al limite di 50 micrometri di GIADA.

L'ultima particella catturata da COSIMA. Image courtesy M. Hilchenbach.
L'ultima particella rilevata da COSIMA prima che lo strumento fosse intenzionalmente disattivato è stata catturata tra le 03:51:55 e le 16:08:11 del 27 Settembre, a 20 chilometri dal nucleo.
"Come previsto, abbiamo riportato tutte le particelle di polvere sulla superficie della cometa - un esempio di riciclo cosmico, a oltre 700 milioni di chilometri dalla Terra!" commenta Martin Hilchenbach, responsabile di COSIMA.
"È ottimo avere questi primi risultati dagli ultimi dati raccolti da Rosetta," conclude Matt Taylor, a capo della missione. "Le operazioni ormai si sono concluse due mesi fa, e gli scienziati sono impegnati ad analizzare l'immensa quantità di dati raccolti da Rosetta durante i suoi due e più anni trascorsi in prossimità della cometa."
Le ultime parole (scientifiche) di Rosetta Le ultime parole (scientifiche) di Rosetta Reviewed by Pietro Capuozzo on 18.12.16 Rating: 5
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