Mappare dischi protoplanetari usando echi di luce
Un'innovativa tecnica di analisi della luce stellare ha permesso a un gruppo di astronomi di ricostruire la struttura del disco protoplanetario attorno alla giovanissima stella YLW 16B.
Credits: NASA/JPL-Caltech |
Le osservazioni di YLW 16B, un astro distante 400 anni luce dalla Terra e formatosi appena un milione di anni fa, sono state effettuate tramite il telescopio spaziale Spitzer della NASA e una serie di telescopi terrestri. Per due notti consecutive, gli astronomi hanno osservato una leggera differenza nei tempi d'arrivo della luce della stella, come se la luce diretta fosse seguita da una sorta di eco. La ricostruzione degli scienziati indica che questo riverbero è provocato dalla luce che, una volta emessa dalla giovane stella, va a scontrarsi contro il materiale nel disco circostante, raggiungendo la Terra con leggero ritardo.
Analizzando lo sfasamento temporale tra le emissioni stellari e i loro echi, gli scienziati sono stati in grado di ricostruire la porzione interna del disco interplanetario, riuscendo a misurare il sottile lembo di spazio che separa la superficie della stella dal confine interno del disco.
A causa dell'interferenza delle nubi interstellari, gli astronomi hanno dovuto limitarsi alle emissioni infrarosse della stella. Le lunghezze d'onda maggiori, quelle corrispondenti all'eco della luce riflessa, sono state rilevate da Spitzer, mentre le lunghezze d'onda minori sono state raccolte dai telescopi terrestri, tra cui il Kitt Peak National Observatory nell'Arizona, i telescopi SOAR e SMARTS in Cile e il telescopio Harold Johnson in Messico.
"Comprendere i dischi protoplanetari può aiutarci a capire alcuni dei misteri sugli esopianeti, i pianeti in altri sistemi solari," spiega Huan Meng dell'Università dell'Arizona, che ha guidato la ricerca. "Ciò che vogliamo sapere è come i pianeti si formino e perché troviamo così tanti pianeti massicci, i gioviani caldi, in prossimità delle loro stelle."
Purtroppo, con le tecnologie attuali, nessun metodo diretto è in grado di mappare lo spazio tra una stella e il suo disco protoplanetario. In termini a noi più familiari, l'impresa equivarrebbe a distinguere un punto su questa pagina del vostro computer in un'immagine satellitare. Ed è qui che questa nuova tecnica, nota come foto-riverbero, entra in campo.
La relatività speciale proposta da Albert Einstein ci permette di affermare che, nel vuoto, la luce viaggia a una velocità costante. Di conseguenza, per calcolare lo spazio tra una stella e il confine interno del suo disco, basta moltiplicare la velocità della luce per la differenza nei tempi d'arrivo dei segnali. Naturalmente, questa analisi risulta molto più semplice se la stella presenta un'emissione variabile, ovvero emette radiazioni in maniera imprevedibile e irregolare. Individuare echi nelle emissioni di una stella relativamentestabile come il nostro Sole, infatti, potrebbe rivelarsi piuttosto complicato, se non impossibile. Per fortuna, le giovani stelle sono spesso caratterizzate da emissioni altamente variabili, e perciò sono candidati perfetti per mettere alla prova questa nuova tecnica.
Lo sfasamento temporale della luce di YLW 16B, pari ad appena 74.5 ± 3.2 secondi, rivela uno spazio di circa 0.084 ± 0.01 unità astronomiche tra la superficie della stella e le propaggini interne del suo disco protoplanetario, ovvero un quarto del diametro dell'orbita di Mercurio. Questo risultato è leggermente diverso rispetto alle osservazioni effettuate con metodi alternativi, ma è in linea con quanto previsto dai nostri modelli.
Inoltre, questo nuovo metodo ha permesso agli scienziati di effettuare una stima indiretta dello spessore del disco in corrispondenza del suo confine interno. I calcoli indicano che lo spessore del disco è pari a meno di 0.2 unità astronomiche.
Il metodo del foto-riverbero era stato usato in precedenza per studiare i dischi di accrescimento intorno a buchi neri supermassicci. Il gruppo di ricercatori è riuscito ad adattare il metodo e ad applicarlo per la prima volta al contesto dei dischi protoplanetari.
Mappare dischi protoplanetari usando echi di luce
Reviewed by Pietro Capuozzo
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