Nuova luce su Plutone e sulle sue lune


Gli scienziati della missione New Horizons hanno pubblicato cinque nuovi studi sui dati raccolti dalla sonda durante il suo storico incontro con il pianeta nano Plutone. I risultati fanno luce sui meccanismi alla base dei più affascinanti e complessi fenomeni all'opera sul pianeta nano e sulle sue lune, dalle dinamiche atmosferiche ai processi geologici in superficie.

Atmosfera
Uno degli obiettivi primari della missione era studiare in dettaglio l'atmosfera di Plutone. I dati raccolti dall'antenna REX durante l'occultazione radio rivelano un'atmosfera quasi perfettamente simmetrica in punti opposti del pianeta nano, con una forte inversione termica entro i primi 20 km dal suolo. Quest'inversione presenta importanti variazioni orizzontali, essendo molto più forte in entrata che in uscita. La pressione atmosferica in superficie è di 9-12 microbar, indicando che, almeno negli ultimi anni, non vi è stata una drammatica variazione nella massa dell'atmosfera. La temperatura dell'aria in superficie è di circa 42-48 Kelvin, ovvero 231-225 gradi centigradi sottozero. Entro i primi 1800 km dal suolo, l'atmosfera è dominata dall'azoto molecolare, con abbondanti specie minori tra cui metano, acetilene, etilene ed etano.
Sorprendentemente, la maggior parte del gas perso nello spazio tramite fuga di Jeans è metano, e non azoto come era stato previsto. L'atmosfera di Plutone perde 146 e 42000 tonnellate di azoto e metano ogni anno, rispettivamente. Se questi dati sono rimasti costanti per tutta la storia di Plutone - e ci sono forti indizi che non lo siano stati - la superficie plutoniana avrebbe perso in totale 6 centimetri di azoto e 28 metri di metano nell'arco degli ultimi 4 miliardi di anni.
Il potente occhio robotico della fotocamera LORRI è riuscito a individuare una ventina di strati di foschia nell'atmosfera plutoniana, i più importanti dei quali si trovano a 10, 30, 90 e 190 chilometri di quota. La densità della foschia è di circa 0.8 particelle per centimetro cubo in prossimità della superficie. I dati hanno consentito agli scienziati di identificare un nuovo possibile meccanismo di formazione della foschia, ovvero tramite le onde di gravità prodotte dal passaggio di venti orizzontali con velocità fino a 36 chilometri orari al di sopra dei rilievi che costellano la superficie di Plutone, un fenomeno noto come sollevamento orografico.
New Horizons ha inoltre svelato che l'atmosfera superiore di Plutone è molto più compatta e fredda del previsto, con temperature di 70 K, ovvero oltre duecento gradi centigradi sottozero. Questo raffreddamento potrebbe essere provocato dall'assorbimento della luce solare dalle molecole di acetilene oppure dalla presenza di acido cianidrico, identificato dal telescopio ALMA.

Superficie
La superficie di Plutone è popolata principalmente da tre ghiacci altamente volatili: azoto, monossido di carbonio e metano. Anche ai 35-50 K della superficie plutoniana, questi tre ghiacci sono molto mobili. Un altro ghiaccio importante è quello d'acqua, che invece a temperature così basse è estremamente rigido, tanto da formare una sorta di sottosuolo indeformabile su cui gli altri tre ghiacci scivolano, sublimano e si condensano. Il ghiaccio d'acqua, inoltre, è l'unico in grado di sorreggere le massicce montagne osservate da New Horizons.

Mappe dei ghiacci di metano, azoto e monossido di carbonio, da sinistra a destra. Source W. M. Grundy et al., Science 2016
Il ghiaccio di metano si concentra soprattutto in Sputnik Planum, con chiazze qua e là alle latitudini medie dell'emisfero nord e nelle pareti dei crateri. L'azoto, invece, riveste i fondali dei crateri ed è quasi del tutto assente nell'emisfero nord. Quest'emisfero è in costante illuminazione solare dagli anni '80, quindi è probabile che qualunque deposito di azoto sia sublimato tempo fa.
Sputnik Planum è una delle più interessanti regioni di Plutone. Gli scienziati ritengono che si tratti di una gelida trappola, forse in origine un bacino da impatto, in cui i tre principali ghiacci condensano al suolo e si mischiano tra di loro a livello molecolare. La sua superficie è costantemente rimodellata dall'accumulo di nuovi ghiacci e dai flussi glaciali, forse alimentati da moti convettivi.

Una mappa del ghiaccio d'acqua su Plutone. Source W. M. Grundy et al., Science 2016
In termini di albedo, si distinguono quattro unità geologiche su Plutone: le scure regioni equatoriali, ricche di toline non-volatili (vedi Cthulhu Regio); Tombaugh Regio (il "cuore" di Plutone, il cui lobo sinistro è appunto Sputnik Planum); l'emisfero nord, in piena estate (vedi Tombaugh Regio); le propaggini illuminate dell'emisfero sud, ancora immerso nel buio inverno plutoniano. Le regioni più scure hanno albedo simili a quelle di alcune lune del sistema solare esterno particolarmente ricche di materiali carbonacei od organici (Iperione e Umbriel, ad esempio).

Le caotiche montagne al-Idrisi, sulle propaggini nord-occidentali di Spuntik Planum. Source J. Moore et al., Science 2016
Geologia
A livello globale, la superficie di Plutone risale probabilmente all'epoca delle migrazioni dei giganti gassosi, ovvero circa 4 miliardi di anni fa. Tuttavia, si distinguono regioni molto più recenti: le catene montuose, Tartarus Dorsa e Sputnik Planum. Quest'ultima, in particolare, non ha alcun cratere con più di due chilometri di diametro, indicando che potrebbe risalire a meno di 10 milioni di anni fa. La pianura copre 870 mila chilometri quadri e si trova 3-4 chilometri al di sotto dei territori circostanti. Le regioni centrali e settentrionali di Sputnik Planum mostrano una chiara divisione in celle separate da fossati profondi fino a 100 metri. I centri delle celle sono circa 50 metri più elevati rispetto ai bordi.

Una serie di valli e flussi glaciali a est di Sputnik Planum. Source J. Moore et al., Science 2016
L'altra metà di Tombaugh Regio, ovvero i territori a est di Spuntik Planum, è 2-4 chilometri più elevata ed è costellata di fosse di sublimazione larghe un paio di chilometri (in alcuni casi, fino a 25) e profonde in media un chilometro.

I due possibili criovulcani: Wright Mons (a) e Piccard Mons (b). Source J. Moore et al., Science 2016
A sud di Sputnik Planum sono visibili due massicci rilievi, alti 3.5 e 6 chilometri e larghi 150 e 225 chilometri. La presenza di depressioni centrali in entrambe le strutture suggerisce che si tratti di criovulcani; inoltre, l'assenza di crateri sulle loro pendici è caratteristica di una giovane età geologica.
La maggior parte dei processi all'opera su Plutone possono essere spiegati dall'interazione tra l'atmosfera e la superficie, dalla mobilità dei ghiacci volatili e dal calore radiogenico emanato dagli elementi radioattivi nel nucleo del pianeta nano. Tuttavia, le catene montuose che fiancheggiano il lato occidentale di Sputnik Planum e i due possibili criovulcani a sud indicano che potremmo aver trascurato qualche altra fonte di energia.

Una serie di territori diversi su Plutone. Source J. Moore et al., Science 2016
La superficie di Caronte, la principale luna di Plutone, è molto diversa da quella del pianeta nano. Ad eccezione forse di Mordor Macula, la macchia rossastra che riveste il polo nord, non vi sono tracce di trasporto di materiali volatili; forse, i ghiacci sublimati sono stati persi nello spazio, a causa della minore gravità esercitata dalla luna. I suoi territori settentrionali sono fratturati in una rete di tagli poligonali profondi fino a 6 chilometri. I territori meridionali, invece, sono perlopiù pianeggianti, in linea con un rinnovamento superficiale di natura tettonica, un po' come su Ganimede ed Encelado. Le pianure meridionali sono popolate da campi di piccole colline, larghe 2-3 km, e da aree di bassa densità di crateri, che invece suggeriscono un rinnovamento tramite attività criovulcanica. I due emisferi di Caronte sono tagliati presso l'equatore da una lunga striscia in cui si alternano scarpate, dorsali e abissi, questi ultimi profondi fino a 8 km.

Interazione con il vento solare
Gli strumenti SWAP e PEPSSI si sono concentrati sull'interazione tra Plutone e il vento solare, il flusso di particelle cariche emesse dal Sole che in prossimità del pianeta nano viaggia a circa 403 km/s, ovvero quasi un milione e mezzo di chilometri orari. Gli strumenti hanno riscontrato pressioni e densità nel vento solare notevolmente maggiori di quelle previste; tuttavia, gli scienziati sospettano che ciò sia dovuto al passaggio di un forte shock interplanetario che aveva superato New Horizons cinque giorni prima del suo incontro con Plutone.

L'interazione di Plutone con il vento solare. Source F. Bagenal et al., Science 2016
I dati raccolti a 20 raggi plutoniani dal pianeta nano indicano che il rallentamento del vento solare dovuto alla raccolta di ioni pesanti è minore dell'1%, implicando che il numero di molecole atmosferiche che fuggono in direzione del Sole e vengono ionizzate è piuttosto ridotto. Una seconda misurazione ottenuta 9.6 raggi plutoniani oltre il pianeta nano, ovvero dopo il flyby, indica un rallentamento del vento solare pari al 20% e un'abbondanza di ioni pesanti con energie sull'ordine di qualche keV. Usando questi due dati, gli scienziati hanno calcolato che, al momento del flyby, la regione d'interazione tra Plutone e il Sole si estendeva solamente sei raggi plutoniani dal pianeta nano in direzione della nostra stella. Tuttavia, è probabile che questa regione fosse stata da poco compressa dal passaggio dello shock interplanetario, il che ha portato gli scienziati a concludere che, in condizioni normali, questa regione si estende probabilmente per 25 raggi plutoniani in direzione del Sole. La regione d'interazione si estende invece per 400 raggi plutoniani alle spalle del pianeta nano.

La geometria della traiettoria di New Horizons attraverso il sistema di Plutone. Source F. Bagenal et al., Science 2016
Il rilevatore di particelle SDC, sensibile a qualunque particella con un diametro di almeno 1.4 micrometri, ha registrato 102 eventi tra cinque giorni prima del flyby e cinque giorni dopo. Di questi, solo uno è con ogni probabilità (95%) un impatto di una particella di polvere. Usando quest'unica misurazione, gli astronomi hanno stimato che la densità di particelle nei pressi di Plutone è di circa una ogni 1.2 chilometri cubi, leggermente superiore a quella osservata nei mesi prima dell'incontro.

Lune minori
Importanti novità arrivano anche dalle quattro lune minori in orbita attorno a Plutone - Notte, Idra, Cerbero e Stige. Le immagini scattate dalla fotocamera LORRI hanno rivelato importanti dettagli sulle dimensioni, i periodi orbitali, i periodi di rotazione e le albedo geometriche dei quattro corpi. Con le sue dimensioni di 16 x 9 x 8 chilometri, Stige si conferma la più piccola delle lune, vantando anche il periodo di rivoluzione (20.16 giorni) più corto. Il suo periodo di rotazione misura invece 3.24 giorni. Segue, in termini di dimensioni, la luna Cerbero, con 19 x 10 x 9 chilometri, 5.31 giorni di rotazione e 32.16 di rivoluzione. A pari merito con Notte, l'albedo geometrica di Cerbero è la più bassa delle quattro (0.56), rimanendo comunque straordinariamente superiore alle previsioni. Chiudono Notte e Idra, con dimensioni di 50 x 35 x 33 e 65 x 45 x 25 chilometri, periodi di rotazione di 1.83 e 0.43 giorni e periodi di rivoluzione di 24.9 e 38.2 giorni, rispettivamente. L'albedo geometrica di Idra, pari all'83%, è la più elevata.

Le quattro lune minori di Plutone. Source H. A. Weaver et al., Science 2016
Le elevatissime albedo sono indicative di una superficie ricca di acqua allo stato solido. Essendo tutte e quattro le lune tra le 6 e le 8 volte più luminose di un tipico oggetto della Fascia di Kuiper, o KBO, l'ipotesi che si tratti di oggetti catturati dalla gravità di Plutone appare sempre più improbabile. Le loro forme non-sferiche e fortemente asimmetriche sono compatibili con una formazione all'interno del disco di detriti originato dalla collisione che formò Plutone e Caronte. Le loro strutture asimmetriche, infatti, sono tipiche di processi di crescita per agglomeramento di oggetti minori in singoli corpi altamente porosi. Ma non solo: le loro composizioni chimiche, infatti, potrebbero permettere agli scienziati di ricostruire le dinamiche della collisione che generò Plutone e Caronte. L'abbondanza di acqua allo stato solido sulle superfici delle lune minori, infatti, suggerisce che i due corpi progenitori di Plutone e Caronte avessero strutture interne almeno parzialmente differenziate, avvolte da superfici ghiacciate.

Notte vista da LORRI (A), Ralph/MVIC (B), e una fusione delle due foto (C). Source H. A. Weaver et al., Science 2016
La densità di crateri sulle lune minori (11 crateri su Notte e 3 su Idra) è paragonabile a quella delle più antiche regioni su Plutone, indicando che le superfici delle quattro lune siano geologicamente molto antiche, forse risalenti a più di 4 miliardi di anni fa. I dati di New Horizons suggeriscono inoltre che lo scambio di regolite tra le lune sia meno importante di quanto si credesse. Le superfici delle lune sono perlopiù neutre in colorazione, con l'eccezione di un cratere rossastro su Notte. Il colore di questo cratere indica che il corpo impattante avesse una composizione diversa da quella di Notte, oppure che abbia scavato nella superficie della luna e portato alla luce materiali in precedenza nascosti nel cuore di Notte.
Nuova luce su Plutone e sulle sue lune Nuova luce su Plutone e sulle sue lune Reviewed by Pietro Capuozzo on 18.3.16 Rating: 5
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