Perché la fascia di Kuiper non si è evoluta in un pianeta?
La misteriosa periferia del sistema solare rimane ancora largamente inesplorata. |
Il sistema solare viene solitamente diviso in tre fasce: quella dei pianeti interni, o rocciosi, quella dei giganti gassosi e quella dei corpi piccoli e ghiacciati. Nei quasi sessant'anni che sono trascorsi dal lancio dello Sputnik, cioè dall'inizio dell'era spaziale, l'umanità non si è mai spinta oltre le prime due fasce. La terza, la periferia del sistema solare, rimane del tutto inesplorata. New Horizons non sarà la prima ad attraversare questa regione, ma sarà la prima a esplorarla, e lo farà concentrandosi sul più famoso e importante membro di questa misteriosa popolazione: Plutone.
La popolazione transnettuniana
La popolazione transnettuniana
La popolazione di oggetti trans-Nettuniani (TNOs), cioè i corpi che si trovano oltre l'orbita di Nettuno, viene divisa in due principali categorie: il disco diffuso (SDO) e la fascia di Kuiper. In questo articolo tralasceremo la nube di Oort in quanto non rilevante nel caso di Plutone. Le differenze tra disco diffuso e fascia di Kuiper rimangono molto vaghe, ma c'è un particolare non da poco: mentre gli oggetti del disco diffuso si sono probabilmente formati in prossimità di Nettuno, che con il suo intenso campo gravitazionale li ha espulsi su orbite estreme (e quindi non hanno molto da insegnarci sull'evoluzione del sistema solare), gli oggetti della fascia di Kuiper si sono formati su orbite "normali" (circolari, cioè a eccentricità zero, e con inclinazione pressoché nulla), e il fatto che molti di essi si trovino oggi su orbite ben più eccentriche e inclinate suggerisce che un qualche meccanismo oggi non più attivo fosse all'opera in passato, all'alba del sistema solare. Paradossalmente, studiare la fascia di Kuiper potrebbe insegnarci di più sulla formazione dei pianeti del sistema solare esterno che studiare i pianeti stessi.
Una domanda che potrebbe sorgere spontanea guardando una qualunque rappresentazione artistica della fascia di Kuiper è: come mai non si è evoluta in un unico, massiccio pianeta invece che rimanere una popolazione sparsa di migliaia di corpi minori? Perché questi corpi non si sono aggregati in un unico corpo maggiore come è accaduto in tutto il resto del sistema solare, esclusa la fascia asteroidale tra Marte e Giove?
Mettiamoci nei panni di un astronomo degli anni '50 dello scorso secolo, quando la fascia di Kuiper era poco più che un'ipotesi. Cosa ci saremmo aspettati di osservare? Nelle vicinanze di Nettuno, probabilmente avremmo visto una serie di corpi con orbite di inclinazioni ed eccentricità lievi o moderate, eccitate dall'importante influenza gravitazionale di Nettuno. Man mano che ci allontaniamo dal gigante gassoso, però, la situazione dovrebbe tendere a tranquillizzarsi, con corpi sempre meno eccentrici e inclinati. Questo, almeno, secondo le nostre previsioni - la realtà, come avremo modo di scoprire nei decenni successivi, si sarebbe rivelata essere ben diversa, ma questo lo vedremo più tardi.
Oligarchi e velocità relative
Concentriamoci su questo nostro modello. La domanda è quella e sempre quella: perché la fascia di Kuiper non si è evoluta in un unico oggetto? Diamo un'occhiata al nostro grafico immaginario. Nella parte di destra, la risposta è semplice: a distanze così grandi dal Sole, il materiale grezzo semplicemente era troppo poco per poter aggregarsi in un unico, massiccio corpo. Ma perché nella parte più interna, quella di sinistra, popolata da corpi con orbite bizzarre, eccitate dall'influenza di Nettuno, non si è evoluto nessun pianeta? Per rispondere a questa domanda, dobbiamo fare un breve salto nella formazione dei pianeti.
Il disco di gas e polveri che avvolgeva la nostra giovane stella miliardi di anni fa era composto da particelle su orbite pressoché circolari, e a inclinazione quasi nulla. Le velocità relative tra corpi vicini, quindi, erano molto basse: in altre parole, due corpi vicini orbitavano attorno al Sole a quasi la stessa velocità, e quindi tra di loro non c'era molta differenza. Un po' come due auto in autostrada, una che va a 120 km/h e l'altra a 130: entrambe viaggiano molto velocemente, ma tra di loro c'è poca differenza. E questo è un dettaglio chiave: infatti, a velocità relative così basse, le particelle potevano colpirsi senza distruggersi a vicenda. Al contrario, si aggregavano, formando un agglomerato sempre più grande. Più il corpo cresceva, più attrazione gravitazionale esercitava, più particelle attraeva e quindi più velocemente continuava a crescere.
Raggiunta una certa massa, questi corpi passavano allo stato di oligarchi, cioè avevano quasi completamente ripulito la loro orbita: il materiale disponibile a loro più vicino era ormai oltre i confini della propria portata, cioè della propria influenza gravitazionale. Stavano nascendo i pianeti che oggi vediamo intorno a noi.
Ma è chiaro che né la cintura asteroidale tra Marte e Giove, né la fascia di Kuiper, hanno mai raggiunto questo stadio, o comunque non l'hanno mai superato. Chiedersi perché non ci sono pianeti in queste zone equivale quindi a chiedersi perché la loro evoluzione si sia bloccata.
La risposta, ancora una volta, si trova nelle pagine della storia del nostro sistema solare, e più precisamente nell'interazione tra i corpi maggiori - i pianeti ancora in formazione, cioè gli oligarchi -e i corpi minori - cioè gli agglomerati di particelle rimasti un po' indietro rispetto agli oligarchi. Quando un corpo maggiore e uno minore si sfiorano, infatti, si scambiano energia cinetica, cioè velocità: quello maggiore rallentava, mentre quello minore accelerava e veniva spedito su orbite sempre più inclinate ed eccentriche. Così facendo, gli oligarchi si trovarono su orbite a velocità sempre minori, il che favorì enormemente le collisioni. Gli oligarchi poterono così iniziare una crescita fuori controllo, o runaway growth: scontrandosi tra di loro, continuavano a rallentare il proprio moto e aumentavano così le probabilità di nuove collisioni, che a loro volta li rallentavano e così via.
Le particelle minori, come abbiamo visto, venivano spedite su orbite estreme, un po' come nella parte sinistra del nostro grafico immaginario. Per la fascia asteroidale, l'imputato principale di questo scombussolamento gravitazionale è Giove; per la fascia di Kuiper, è Nettuno, ben più piccolo di Giove, ma che, data la sua maggiore distanza dal Sole, esercita un'influenza molto, molto più vasta di quanto si possa pensare.
Qual è il problema di orbite eccentriche ed inclinate? La risposta è la velocità relativa. Torniamo a prendere in considerazione il nostro esempio delle due automobili: una viaggia a 120 km/h, l'altra a 130. Se stanno andando nella stessa direzione, nessun problema: la loro velocità relativa è solo 10 km/h, e se si dovessero scontrare di lato si rovinerebbero un po' la carrozzeria, ma nulla di più. Ma se le due automobili viaggiassero una dall'alto verso il basso, e una da sinistra a destra? La collisione, in questo caso, avverrebbe a quasi 180 km/h.
Cosa significa questa considerazione nel caso dei corpi minori su orbite eccentriche ed inclinate? Significa che la loro velocità relativa è molto elevata, come nel caso delle due automobili in direzioni perpendicolari. Se due di questi corpi dovessero scontrarsi, quindi, non si fonderebbero in un unico corpo più grande, formando lentamente un embrione planetario, ma, al contrario, si distruggerebbero a vicenda, frantumandosi in pezzi ancor più piccoli, data l'elevata velocità della collisione. In termini tecnici, si passerebbe da un regime di accrescimento a uno erosivo.
Il modello reale: risonanze e migrazioni
Catapultiamoci ora nel presente. Nel frattempo, sono stati scoperti più di un migliaio di oggetti trans-Nettuniani, il che ci permette di costruire un grafico simile a quello che ci eravamo immaginati qualche decennio fa. Ma ci accorgiamo subito di una cosa: il grafico è ben diverso da come ce lo eravamo immaginati.
Iniziamo a descrivere ciò che vediamo: notiamo subito, in basso al centro, una popolazione di oggetti oggi conosciuti come KBO classici, o cubewani (da QB1, il primo oggetto di questo gruppo ad essere scoperto), detti classici perché simili a ciò che ci aspettavamo. In realtà, anche i cubewani sono piuttosto estremi e si dividono a loro volta in due popolazioni, i cubewani freddi e quelli caldi, non a seconda della temperatura ma della loro inclinazione (cioè se è maggiore o minore di 4 gradi).
Ma notiamo anche un gruppo verticale di oggetti che condividono lo stesso semiasse maggiore (che, senza entrare troppo in termini tecnici, corrisponde più o meno alla distanza media di un oggetto dal Sole) ma che al tempo stesso sono caratterizzati da una diversa eccentricità. Poco più a destra, notiamo un altro gruppo simile. Cosa significano questi due gruppi?
La risposta la ricaviamo analizzando i periodi orbitali, cioè il tempo impiegato a compiere un giro completo intorno al Sole, di questi corpi e confrontandoli con quello di Nettuno. Scopriamo così che questi corpi si trovano in risonanza con il gigante gassoso. Il primo gruppo verticale, i cui membri sono oggi conosciuti come plutini, è in risonanza 3:2 (o 2:3, è la stessa cosa). Cosa vuol dire? Vuol dire che il tempo impiegato da Nettuno a compiere tre orbite intorno al Sole è precisamente uguale a quello impiegato dai plutini a compierne due, di orbite. Lo stesso vale per il secondo gruppo verticale, quello dei twotini, solo che la risonanza è 2:1 invece di 3:2.
Perché sono importanti queste risonanze? Le risonanze sono essenziali, in quanto evitano le collisioni per gli oggetti che intersecano l'orbita di Nettuno. In altre parole, tutti gli oggetti che attraversano l'orbita di Nettuno (tra cui Plutone) e che si trovano in una di queste risonanze possono stare tranquilli: non si scontreranno mai con il gigante gassoso. Le loro orbite, quindi, sono sorprendentemente stabili.
Ma queste risonanze non sono per niente causali, anzi, sono gli avanzi della complessa danza orbitale dei pianeti del sistema solare. Si pensa infatti che Nettuno (così come gli altri giganti gassosi) non si sia formato nella sua attuale posizione, ma ben più vicino al Sole. Lentamente, Nettuno sarebbe migrato verso l'esterno, trascinandosi con sé tutti questi oggetti in risonanza. Le risonanze 3:2 e 2:1, infatti, sono particolarmente "appiccicose": una volta che ce le hai, è difficile togliertele di dosso. Man mano che Nettuno si spostava verso la sua attuale residenza, tutti questi oggetti erano costretti ad allontanarsi anch'essi dal Sole, in modo da continuare a trovarsi in queste risonanze. Più un corpo è stato costretto ad allontanarsi, maggiore è la sua eccentricità attuale.
Il modello della migrazione non riscosse grandi consensi all'interno della comunità scientifica finché non iniziammo a scoprire pianeti attorno ad altre stelle. Gran parte dei pianeti extrasolari osservati finora, infatti, sono i cosiddetti Gioviani caldi: giganti gassosi simili a Giove ma in orbite spesso minori perfino di quella di Mercurio, il pianeta più interno del sistema solare: è impossibile che pianeti simili si siano formati così vicini alle proprie stelle, e l'unica soluzione è quindi che siano migrati dall'esterno.
Ma una domanda rimane ancora senza risposta: perché Nettuno dovrebbe essersi mosso? La risposta, ancora una volta, è nelle interazioni con i corpi minori. Quando un corpo minore incontra Nettuno, ha due possibilità: o viene spedito verso l'interno o verso l'esterno. Di conseguenza, Nettuno si sposta leggermente verso l'esterno o verso l'interno, rispettivamente. Le probabilità sono circa fifty-fifty, ma ci sono vari dettagli da chiarire. Se un corpo viene spedito verso l'interno, e Nettuno quindi si sposta verso l'esterno, il corpo minore verrà probabilmente catturato da Giove o dagli altri pianeti, e quindi non farà mai più ritorno a Nettuno. Se invece un corpo viene spedito verso l'esterno, è probabile che prosegui indisturbato e che prima o poi torni a incontrare Nettuno. Anche stavolta, verrà spedito o verso l'interno, dove incontrerà gli altri pianeti, o verso l'esterno. Se dovesse essere ancora una volta rispedito verso l'esterno, tornerà a incontrare Nettuno, finché, prima o poi, verrà spedito verso l'interno. Tutti gli oggetti che incontrarono Nettuno, prima o poi, vennero spediti verso l'interno, e Nettuno di conseguenza si spostò verso l'esterno, giungendo nella sua attuale posizione. E questa, un po' a grandi linee, è la storia della periferia del sistema solare, una storia che comunque lascia ancora molte domande senza risposta.
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Un ipotetico grafico della fascia di Kuiper: a sinistra, alcuni corpi in orbite eccitate dall'influenza di Nettuno; a destra, oggetti con orbite che gradualmente diventano sempre più tranquille. |
Oligarchi e velocità relative
Concentriamoci su questo nostro modello. La domanda è quella e sempre quella: perché la fascia di Kuiper non si è evoluta in un unico oggetto? Diamo un'occhiata al nostro grafico immaginario. Nella parte di destra, la risposta è semplice: a distanze così grandi dal Sole, il materiale grezzo semplicemente era troppo poco per poter aggregarsi in un unico, massiccio corpo. Ma perché nella parte più interna, quella di sinistra, popolata da corpi con orbite bizzarre, eccitate dall'influenza di Nettuno, non si è evoluto nessun pianeta? Per rispondere a questa domanda, dobbiamo fare un breve salto nella formazione dei pianeti.
Il disco di gas e polveri che avvolgeva la nostra giovane stella miliardi di anni fa era composto da particelle su orbite pressoché circolari, e a inclinazione quasi nulla. Le velocità relative tra corpi vicini, quindi, erano molto basse: in altre parole, due corpi vicini orbitavano attorno al Sole a quasi la stessa velocità, e quindi tra di loro non c'era molta differenza. Un po' come due auto in autostrada, una che va a 120 km/h e l'altra a 130: entrambe viaggiano molto velocemente, ma tra di loro c'è poca differenza. E questo è un dettaglio chiave: infatti, a velocità relative così basse, le particelle potevano colpirsi senza distruggersi a vicenda. Al contrario, si aggregavano, formando un agglomerato sempre più grande. Più il corpo cresceva, più attrazione gravitazionale esercitava, più particelle attraeva e quindi più velocemente continuava a crescere.
Raggiunta una certa massa, questi corpi passavano allo stato di oligarchi, cioè avevano quasi completamente ripulito la loro orbita: il materiale disponibile a loro più vicino era ormai oltre i confini della propria portata, cioè della propria influenza gravitazionale. Stavano nascendo i pianeti che oggi vediamo intorno a noi.
Ma è chiaro che né la cintura asteroidale tra Marte e Giove, né la fascia di Kuiper, hanno mai raggiunto questo stadio, o comunque non l'hanno mai superato. Chiedersi perché non ci sono pianeti in queste zone equivale quindi a chiedersi perché la loro evoluzione si sia bloccata.
La risposta, ancora una volta, si trova nelle pagine della storia del nostro sistema solare, e più precisamente nell'interazione tra i corpi maggiori - i pianeti ancora in formazione, cioè gli oligarchi -e i corpi minori - cioè gli agglomerati di particelle rimasti un po' indietro rispetto agli oligarchi. Quando un corpo maggiore e uno minore si sfiorano, infatti, si scambiano energia cinetica, cioè velocità: quello maggiore rallentava, mentre quello minore accelerava e veniva spedito su orbite sempre più inclinate ed eccentriche. Così facendo, gli oligarchi si trovarono su orbite a velocità sempre minori, il che favorì enormemente le collisioni. Gli oligarchi poterono così iniziare una crescita fuori controllo, o runaway growth: scontrandosi tra di loro, continuavano a rallentare il proprio moto e aumentavano così le probabilità di nuove collisioni, che a loro volta li rallentavano e così via.
Le particelle minori, come abbiamo visto, venivano spedite su orbite estreme, un po' come nella parte sinistra del nostro grafico immaginario. Per la fascia asteroidale, l'imputato principale di questo scombussolamento gravitazionale è Giove; per la fascia di Kuiper, è Nettuno, ben più piccolo di Giove, ma che, data la sua maggiore distanza dal Sole, esercita un'influenza molto, molto più vasta di quanto si possa pensare.
Qual è il problema di orbite eccentriche ed inclinate? La risposta è la velocità relativa. Torniamo a prendere in considerazione il nostro esempio delle due automobili: una viaggia a 120 km/h, l'altra a 130. Se stanno andando nella stessa direzione, nessun problema: la loro velocità relativa è solo 10 km/h, e se si dovessero scontrare di lato si rovinerebbero un po' la carrozzeria, ma nulla di più. Ma se le due automobili viaggiassero una dall'alto verso il basso, e una da sinistra a destra? La collisione, in questo caso, avverrebbe a quasi 180 km/h.
Cosa significa questa considerazione nel caso dei corpi minori su orbite eccentriche ed inclinate? Significa che la loro velocità relativa è molto elevata, come nel caso delle due automobili in direzioni perpendicolari. Se due di questi corpi dovessero scontrarsi, quindi, non si fonderebbero in un unico corpo più grande, formando lentamente un embrione planetario, ma, al contrario, si distruggerebbero a vicenda, frantumandosi in pezzi ancor più piccoli, data l'elevata velocità della collisione. In termini tecnici, si passerebbe da un regime di accrescimento a uno erosivo.
La popolazione della fascia di Kuiper. |
Il modello reale: risonanze e migrazioni
Catapultiamoci ora nel presente. Nel frattempo, sono stati scoperti più di un migliaio di oggetti trans-Nettuniani, il che ci permette di costruire un grafico simile a quello che ci eravamo immaginati qualche decennio fa. Ma ci accorgiamo subito di una cosa: il grafico è ben diverso da come ce lo eravamo immaginati.
Iniziamo a descrivere ciò che vediamo: notiamo subito, in basso al centro, una popolazione di oggetti oggi conosciuti come KBO classici, o cubewani (da QB1, il primo oggetto di questo gruppo ad essere scoperto), detti classici perché simili a ciò che ci aspettavamo. In realtà, anche i cubewani sono piuttosto estremi e si dividono a loro volta in due popolazioni, i cubewani freddi e quelli caldi, non a seconda della temperatura ma della loro inclinazione (cioè se è maggiore o minore di 4 gradi).
Ma notiamo anche un gruppo verticale di oggetti che condividono lo stesso semiasse maggiore (che, senza entrare troppo in termini tecnici, corrisponde più o meno alla distanza media di un oggetto dal Sole) ma che al tempo stesso sono caratterizzati da una diversa eccentricità. Poco più a destra, notiamo un altro gruppo simile. Cosa significano questi due gruppi?
La risposta la ricaviamo analizzando i periodi orbitali, cioè il tempo impiegato a compiere un giro completo intorno al Sole, di questi corpi e confrontandoli con quello di Nettuno. Scopriamo così che questi corpi si trovano in risonanza con il gigante gassoso. Il primo gruppo verticale, i cui membri sono oggi conosciuti come plutini, è in risonanza 3:2 (o 2:3, è la stessa cosa). Cosa vuol dire? Vuol dire che il tempo impiegato da Nettuno a compiere tre orbite intorno al Sole è precisamente uguale a quello impiegato dai plutini a compierne due, di orbite. Lo stesso vale per il secondo gruppo verticale, quello dei twotini, solo che la risonanza è 2:1 invece di 3:2.
Perché sono importanti queste risonanze? Le risonanze sono essenziali, in quanto evitano le collisioni per gli oggetti che intersecano l'orbita di Nettuno. In altre parole, tutti gli oggetti che attraversano l'orbita di Nettuno (tra cui Plutone) e che si trovano in una di queste risonanze possono stare tranquilli: non si scontreranno mai con il gigante gassoso. Le loro orbite, quindi, sono sorprendentemente stabili.
Ma queste risonanze non sono per niente causali, anzi, sono gli avanzi della complessa danza orbitale dei pianeti del sistema solare. Si pensa infatti che Nettuno (così come gli altri giganti gassosi) non si sia formato nella sua attuale posizione, ma ben più vicino al Sole. Lentamente, Nettuno sarebbe migrato verso l'esterno, trascinandosi con sé tutti questi oggetti in risonanza. Le risonanze 3:2 e 2:1, infatti, sono particolarmente "appiccicose": una volta che ce le hai, è difficile togliertele di dosso. Man mano che Nettuno si spostava verso la sua attuale residenza, tutti questi oggetti erano costretti ad allontanarsi anch'essi dal Sole, in modo da continuare a trovarsi in queste risonanze. Più un corpo è stato costretto ad allontanarsi, maggiore è la sua eccentricità attuale.
Il modello della migrazione non riscosse grandi consensi all'interno della comunità scientifica finché non iniziammo a scoprire pianeti attorno ad altre stelle. Gran parte dei pianeti extrasolari osservati finora, infatti, sono i cosiddetti Gioviani caldi: giganti gassosi simili a Giove ma in orbite spesso minori perfino di quella di Mercurio, il pianeta più interno del sistema solare: è impossibile che pianeti simili si siano formati così vicini alle proprie stelle, e l'unica soluzione è quindi che siano migrati dall'esterno.
Ma una domanda rimane ancora senza risposta: perché Nettuno dovrebbe essersi mosso? La risposta, ancora una volta, è nelle interazioni con i corpi minori. Quando un corpo minore incontra Nettuno, ha due possibilità: o viene spedito verso l'interno o verso l'esterno. Di conseguenza, Nettuno si sposta leggermente verso l'esterno o verso l'interno, rispettivamente. Le probabilità sono circa fifty-fifty, ma ci sono vari dettagli da chiarire. Se un corpo viene spedito verso l'interno, e Nettuno quindi si sposta verso l'esterno, il corpo minore verrà probabilmente catturato da Giove o dagli altri pianeti, e quindi non farà mai più ritorno a Nettuno. Se invece un corpo viene spedito verso l'esterno, è probabile che prosegui indisturbato e che prima o poi torni a incontrare Nettuno. Anche stavolta, verrà spedito o verso l'interno, dove incontrerà gli altri pianeti, o verso l'esterno. Se dovesse essere ancora una volta rispedito verso l'esterno, tornerà a incontrare Nettuno, finché, prima o poi, verrà spedito verso l'interno. Tutti gli oggetti che incontrarono Nettuno, prima o poi, vennero spediti verso l'interno, e Nettuno di conseguenza si spostò verso l'esterno, giungendo nella sua attuale posizione. E questa, un po' a grandi linee, è la storia della periferia del sistema solare, una storia che comunque lascia ancora molte domande senza risposta.
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Reviewed by Pietro Capuozzo
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