Scoperta la luce più lontana e antica dell'Universo, ha 13 miliardi d'anni
La fotografia del rinomato telescopio Hubble che pubblichiamo sembra una come tante altre. Occorre ingrandire al massimo questo superbo “panorama cosmico” per scorgere una piccolissima macchia rossa. Quello che si percepisce allora preme allo sforzo dello sguardo: quella piccola macchia rossa è nientemeno che la luce più antica proveniente da un oggetto celeste che sia mai catturata da un telescopio. Questo lucore che viene da molto lontano (e dunque molto vicino all’inizio dell’Universo) è stato emesso da una galassia un po’ più di 13 miliardi d’anni fa, quando il cosmo - in espansione dopo il Big Bang - aveva «appena» 600 milioni di anni.
Queste cifre costituiscono un nuovo record di distanza per un oggetto celeste. Sono state definite da un équipe franco-britannica che ha reso nota la loro scoperta su Nature alla fine di Ottobre. Una scoperta che non ricompensa solo uno sforzo incredibile e un lavoro laborioso, ma permette agli astronomi di gettare per la prima volta un colpo d’occhio su un’epoca tanto primitiva quanto sconosciuta della nostra storia cosmica, avvolta da arcani imperscrutabili. L'era in cui le prime luci delle galassie si sono accese ponendo fine all’età buia dell’Universo.
Per raccogliere questa luce, gli scienziati hanno dovuto mettere insieme gli strumenti d’osservazione più precisi e accurati sia in cielo che in terra. In cielo è stato Hubble, con i nuovi apparati affibbiatigli dagli astronauti della Nasa nel 2009, che hanno costituito una «cura ringiovanente» per il telescopio, che ha così potuto tornare alla sua vecchia gloria e migliorare i suoi “punti di vista”. Questo campo ultra profondo fa apparire delle galassie ancor più lontane grazie ad un tempo di posa più lungo. Osservando queste immagini, gli scienziati dell’osservatorio di Parigi si sono detti che sarebbe stato possibile determinare l’età di numerose e tenui macchie rosse che segnalavano la presenza di antiche galassie. Per farlo, bisognava spingere alle loro estreme capacità i più potenti telescopi terrestri, e in particolare l’Osservatorio Europeo Australe, l’Eso, ubicato in Cile.
Non è stata un’impresa facile perché gli astronomi hanno dovuto lavorare tra la fretta, nel timore che i colleghi americani li anticipassero nella scoperta, e l’inevitabile lentezza di rilievi estremamente precisi. Sedici ore di osservazione: tanto ci hanno messo per individuare la fievole luce del nostro passato. Sono serviti mesi per analizzare la natura di quella luce. Gli astronomi asseriscono che la misura della mutazione del colore dà un’idea precisa della distanza dell’oggetto. Nel caso della galassia in questione, l’irradiamento luminoso dell’idrogeno contenuto nel corpo era emesso in un forte ultravioletto. Nel tempo impiegato per arrivare fino a noi, l’ultravioletto ha declinato fino a diventare un infrarosso. Questa mutazione di lunghezza d’onda è stata stimata a 8.6, mentre la più significativa mutazione rilevata antecedentemente era pari a 8.2.
I segnali che questa galassia ci manda vengono dal tempo che poco a poco prende il posto dell’età buia dell’Universo primordiale in cui nessun corpo produceva luce. Con la formazione delle prime stelle di massa, presto raggruppatesi in galassia arcaiche, i raggi nascenti hanno cominciato a dissipare il velo da cui erano avviluppati, rompendo gli atomi di idrogeno che componevano la nebbia e rendendo progressivamente l’Universo più trasparente. La galassia uscita dall’ombra testimonia la lunga lotta fra luce e ombra, durata da 300 milioni a 1 miliardo di anni dopo il Big Bang, in quel periodo che gli astronomi chiamano in modo poco poetico «l’era della re-ionizzazione», una specie di Rinascimento che segue il Medioevo del cosmo.
Con i suoi 600 milioni di anni, questo corpo celeste viene da un’epoca in cui il buio cosmico non era ancora del tutto dissipato. Gli astronomi congetturano anche che la galassia sia potuta essere stata aiutata da altre galassie molto vicine per pulire lo spazio attiguo e giungere così fino ai nostri occhi. Uno degli astronomi ha scelto un esempio molto semplice per spiegare quanto sia stata fortuita e fortunata la vicenda: «è come quando si cammina in montagna e a volta si intravede la cima attraverso un buco tra le nuvole. Siamo stati fortunati, dato che il nostro sguardo ha trovato un buco nell’età del buio e ci ha consentito di raggiungere questa luce».
Tradotto e rielaborato da «La galaxie sortie de l'“age sombre, Le Monde, Jérome Fenoglio»
Per la traduzione si ringrazia Toni Capuozzo
Scoperta la luce più lontana e antica dell'Universo, ha 13 miliardi d'anni
Reviewed by Pietro Capuozzo
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